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trio

Passeggiata alpina


di alcazar63
04.04.2019    |    7.447    |    8 8.7
"Glielo succhiava e lo insalivava abbondantemente il guardaboschi si tolse tutto, come noi..."
Un po’ frastornati dalla eccitante nottata ci siamo comunque alzati…
Guardavo L. lavarsi attraverso i vetri del box doccia della stanza dell’hotel; qualche arredatore un po’ porcellino li aveva voluti trasparenti, mi piaceva pensare fosse in realtà una arredatrice.
Chissà perché se penso ad un particolare erotico frutto di una mente femminile anziché maschile tutto diventa più intrigante, più poetico anche, ma decisamente più sensuale e piccante.
Guardavo le mani di L, insaponate insinuarsi tra le cosce e divaricare le labbra della figa che sino a poche ore prima erano state oggetto della mia avidità.
Distolsi lo sguardo, avevo il cazzo già duro…di nuovo.
Mi preparai invece per fare a mia volta la doccia ma prima mi feci la barba. Con la coda dell’occhio vidi che L., dal box doccia, guardava lo specchio davanti a me, rideva… aveva visto, riflessa nello specchio, la mia eccitazione crescere nuovamente e poi, seppur con sforzo ed a malincuore, riappacificarsi.
Ci siamo vestiti per affrontare una bella giornata di passeggio attraverso i bui ed ombrosi boschi di abeti e larici.
Abbondante colazione tentando di ristorare le energie consumate la notte precedente in ben altre passeggiate.
Poi…partenza.
Io avevo messo i miei soliti pantaloni da montagna leggeri e gli scarponi. Sotto, il costume da bagno, non si sa mai.
Camicia a quadri e maglietta bianca sottostante.
Nello zaino qualche cambio e acqua.
L. vestiva pantaloncini a mezza coscia; una camicia comoda, non abbottonata ma annodata sul davanti, disegnava ed esaltava l’esuberanza del suo seno rigoglioso. Seno accarezzato a pelle da una leggera canotta morbida sottostante, senza reggiseno, naturalmente.
Mentre salivamo per la china la mia mente non riusciva a non ritornare sui caldi particolari vissuti la notte precedente, per non parlare dell’immagine di L. sotto la doccia che si insaponava.
Ogni cosa mi riportava li…
La cadenza del passo rimbombava nella mia testa ed essa vagava pensando ai colpi pelvici ritmati mentre penetravo L. la notte precedente.
L’odore del bosco mi riportava al mescolarsi dei nostri profumi frutto degli amplessi consumati.
Ogni fruscio era un ritornare al fruscio dei nostri corpi eccitati sulle morbide lenzuola.
Dopo un po’ di salita presi la scusa del passo da mantenere per suggerire a L. di portarsi davanti a me. Non c’era nessun passo da mantenere, volevo solo godere la vista del magnifico culo di L. avvolto come un regalo natalizio dalla leggera stoffa dei pantaloncini.
Ora era li, davanti a me, ad altezza bocca, che ondeggiava ritmicamente sormontando le cosce di L., un invito.
Non c’erano ovviamente le autoreggenti a fasciare le belle gambe di L. ma la vista della pelle morbida colpì immediatamente ed inesorabilmente la mia fantasia: automaticamente mi ritrovai ad estrarre la lingua come a percorrere, come la notte appena trascorsa feci, tutto l’interno coscia sino all'inguine.
L’ombrosa frescura del bosco estivo, con il progredire del giorno e l’alzarsi del sole, si stava caricando di umidità, facendoci sudare copiosamente.
Ci fermammo un istante a prendere fiato ed approfittai del momento per togliermi la maglietta sotto la camicia.
Riassettai la camicia nel pantalone ma la lasciai sbottonata quasi completamente per dare refrigerio al mio petto accaldato.
L. si tolse invece la camicia.
Fu fatale…
I seni rimasti liberi disegnavano la morbida canotta. Accaldata e sudata L. prese la borraccia e versò un po’ di acqua sui seni per averne refrigerio. Su di me ciò ottenne l’effetto decisamente opposto.
L’acqua sparsa sulla canotta espose quasi magicamente i seni di L. alla piena contemplazione. Le areole dei capezzoli si manifestavano scure sotto il tessuto bagnato ed i capezzoli, a contatto con l’acqua fresca, si rizzarono svettando. Come due gioielli incastonati.
Non ce la facevo più, ero totalmente fuori controllo. Ripresi la testa della piccola spedizione e senza che L. se ne accorgesse mi allontanai dal sentiero addentrandomi nel fitto degli alberi.
Allungai proditoriamente il passo in modo di potermi ogni tanto fermarmi ad aspettare. In tal modo mi potevo godere lo spettacolo del ritmico movimento del petto di L. che saliva verso di me.
L. mi raggiunse e si accorse immediatamente, osservando i miei pantaloni, di come la mia eccitazione non fosse più occultabile.
Sorridendo sorniona allungò una mano e lo afferrò. Ne percorse tutta l’estensione dal glande alla base attraverso il tessuto.
Le presi la testa fra le mani e me la premetti sul membro turgido.
Rapidamente lo liberai dalla costrizione del tessuto e del costume da bagno e gli diedi sollievo inserendolo fra le sue calde e tumide labbra, e sempre più a fondo, sino alla gola.
L. allungava le mani sul mio petto nudo e sudato per toccarmi e strizzarmi i capezzoli.
Nella mia mente un vortice di immagini, di odori, di sapori, di gemiti, vissute, percepiti, goduti e uditi la notte appena passata.
Il mio pene nella sua bocca avida, L inginocchiata davanti a me.
La alzai con veemenza afferrandole un braccio e contemporaneamente girandola per afferrarla da tergo.
In preda all'eccitazione le slacciai i pantaloncini e glieli abbassai: già sentivo la mia verga che veniva accolta dal morbido abbraccio delle sue natiche lisce.
Poi con un movimento risoluto e rapido le sfilai la canotta offrendo il suo seno prosperoso alla natura che ci guardava.
La piegai in avanti, sembrava una giovenca in calore. L. divaricò le cosce mostrando la figa grande e calda che già cominciava a gocciolare.
Con impeto animale la penetrai e incominciai a pomparla.
Le mie mani si afferravano ai suoi seni.
L. gemeva rumorosamente. Si sentiva libera; eravamo emuli della primigenia copia di umani in un novello Eden.
Ma un fruscio mi avvisò che non eravamo poi così soli.
Dietro un secolare Larice spuntò un sorriso. Una fila di denti bianchi incorniciati da una barba importante, virile, alpina.
Un guardaboschi ci aveva silenziosamente seguiti ed ora era lì.
Lo sguardo amichevole e un appena accennato applauso manifestarono la sua approvazione ed un malcelato desiderio di compartecipazione.
L., scoperta, non si scompose, non cercò di coprirsi pudica. L’incrementare dei suoi gemiti nel sentire il mio pene dentro di lei che si muoveva e non cedeva alla distrazione mi fece capire che si potevano aprire delle nuove possibilità.
Un fiotto più abbondante che dalla sua figa inondò il mio pene mi diedero la conferma che potevamo accogliere invitati inattesi.
Feci un cenno ed il guardaboschi si avvicinò a noi, puntando diritto alla faccia di L, sfoderando un’attrezzatura d tutto rispetto che L., senza farsi pregare, inghiottì e fece sparire tra le sue labbra profondamente sino quasi a baciarne con le labbra lo scroto.
Mentre L. glielo succhiava e lo insalivava abbondantemente il guardaboschi si tolse tutto, come noi. Eravamo tre selvaggi nudi in sintonia con la natura.
Immaginando il proseguo dei giochi e le velleità erotiche di L. le preparai con le dita insalivate lo sfintere anale mentre mantenevo la turgidità del mio pene continuando a penetrare e a liberare la sua vagina dalla mia spada come dei continui affondi.
Tutti estremamente eccitati ci preparammo a donare a L. le nostre linfe vitali.
Lui si sdraiò supino sul sottobosco fresco di verdi pianticelle e così facendo mostrava il suo membro svettante.
L. divaricò prima una coscia e si accomodò sulla sua pelvi come se stesse montando uno stallone, così facendo si infilò nella figa arrossata il cazzo del guardaboschi sino alle palle, fradiciandole dei suoi umori.
Si sporse quindi in avanti su di lui per offrire i capezzoli al suo volere, il porco glieli morse in preda ad una eccitazione incontrollabile.
Così facendo L. offrì a me la sua parte migliore. Vidi il suo sfintere anale contarsi e rilasciarsi per la penetrazione violenta della vagina da parte della verga del guardaboschi.
A mia volta eccitatissimo e con il pene ancora grondante degli umori di L. la sodomizzai violentemente.
Credo che tutti e tre gridammo senza ritegno all'unisono. L. si staccò senza fretta grondando sperma nel bosco dal culo e dalla figa.
Noi ci sentivamo due animali selvaggi ma liberi e soddisfatti.
Vicino a noi, sdraiata sul prato, la nostra femmina.
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